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lunedì 22 novembre 2010

Usarono bimbo come scudo umano. Due soldati israeliani condannati a 3 mesi

MILANO- Avevano utilizzato un bambino di 9 anni come una sorta di «scudo umano», obbligandolo, nel corso dell'operazione «Piombo Fuso» a Gaza, ad aprire una borsa in cui sospettavano ci fosse dell'esplosivo. Ma per questo comportamento sono stati condannati oggi da un tribunale militare israeliano a tre mesi di reclusione con la condizionale. La sentenza sta suscitando notevoli polemiche negli ambienti politici israeliani. «Questa sentenza dimostra che la vita degli arabi in generale e dei bambini palestinesi in particolare viene tenuta in scarsa considerazione», ha lamentato il parlamentare arabo Ahmed Tibi. Di parere opposto il deputato di estrema destra Michael Ben Yair, secondo cui i due ex militari sono stati vittime di un «linciaggio» da parte della magistratura militare. «Meritavano semmai un encomio», ha aggiunto.



«È UNO SCANDALO» -I familiari del bambino hanno denunciato la mitezza della pena: «I due soldati avrebbero dovuto scontare almeno uno o due anni di carcere», hanno detto alla stampa. «È uno scandalo, incoraggia altri a continuare con questo comportamento che manda un segnale negativo sia alle vittime che ai soldati», ha tuonato la mamma del piccolo, precisando che la famiglia pensa ora a una azione legale civile.



LA VICENDA -Gli eventi esaminati oggi nel Tribunale militare di Kastina (Neghev) si riferivano al 15 gennaio 2009, quando una unità della brigata di fanteria Ghivati entrò in un edificio nel rione di Tel al-Hawa (Gaza), mentre nelle vicinanze infuriava uno scontro a fuoco. Dopo aver radunato i civili, i due imputati ordinarono ad un bambino - Majed Rabah, allora di 9 anni - di aprire un bagaglio sospetto trovato sul posto. Questi si rifiutò e alla fine i militari spararono sul bagaglio sospetto, che non esplose. «Ho pensato che mi avrebbero ucciso - ha raccontato il bambino -. Ho iniziato ad avere paura, mi sono fatto la pipì addosso. Non riuscivo più a parlare. Ho aperto una borsa quando (il soldato, ndr) ha puntato l'arma direttamente contro di me. Dentro alla valigia c'erano soldi e carte. L'ho guardato, stava ridendo». Il ragazzino tenta di aprire la seconda borsa ma non ci riesce: «Mi hanno preso per i capelli e dato uno schiaffo. Quindi (il soldato) ha sparato alla borsa. Ho pensato avrebbe sparato a me, ho gridato e mi sono messo le mani sulla testa. Un altro soldato mi ha detto di andare da mia madre. Sono corso tra le sue braccia, le ho detto che avevo i pantaloni bagnati, lei ha detto che era tutto a posto».



PENA PIÙ MITE - I giudici del Tribunale militare hanno stabilito che i due ex soldati si sono comportati in contrasto con le norme vigenti, ma hanno riconosciuto l'attenuante delle condizioni di elevata tensione in cui si trovavano in quel momento. In teoria i due militari rischiavano fino a cinque anni di detenzione, ma i giudici si sono accontentati di tre mesi di reclusione con la condizionale, la degradazione (da sergente maggiore a sergente) e l'iscrizione della sentenza nella loro fedina penale. Uno dei militari, che sperava di entrare nel servizio carcerario israeliano, dovrà adesso rinunciare a questi progetti.

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