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sabato 26 giugno 2010

GERMANIA: PRIMO SI ALL'AUTANASIA.

Chi aiuta un malato incurabile o già in coma a morire, a non avere la vita prolungata artificialmente dai medici contro la sua volontà espressa, non è un omicida. È il rivoluzionario verdetto pronunciato ieri dalla Corte costituzionale tedesca. Una svolta, una sentenza radicale in nome del diritto a una vita degna spinto fino alle estreme conseguenze. E insieme, nel paese natale del Papa, una sfida alla morale cattolica. La Conferenza episcopale tedesca infatti ha subito espresso "la sensazione che la differenza tra eutanasia attiva e passiva non sia stata presa sufficientemente in considerazione dai giudici supremi", e il timore che ciò "determini in seguito delicati problemi etici".

Dove comincia e fin dove può spingersi il diritto dei malati a decidere quando morire? E dove finisce il dovere dei medici di dare a ogni costo la priorità al prolungamento della vita del paziente, anche contro la sua volontà? La Corte costituzionale ha deciso - spiega la giudice Ruth Rissing van Saan - che "tagliare un tubo dell'alimentazione artificiale o staccare un ventilatore rientra nella categoria delle forme accettabili di interruzione del trattamento medico, se c'è il consenso del paziente".

Alla sentenza si è arrivati dopo il ricorso di un avvocato bavarese, Wolfgang Putz. Il quale, per aver dato ragione nel 2007 alla volontà d'una malata grave raccolta dalla figlia di lei e per aver consigliato a quest'ultima di tagliare i tubi dell'alimentazione artificiale che tenevano in vita la madre, era stato condannato in prima istanza a 9 mesi con la condizionale e a 20mila euro di ammenda. L'anziana signora, Erika Kuellmer, era stata ricoverata in un ospedale di Hersfeld, nell'Assia, per le conseguenze di un ictus dal 2002. Sopravviveva in coma. Prima dell'incidente cerebrale, la figlia di Frau Kuellmer aveva raccolto a voce la volontà della madre di non essere mantenuta artificialmente in vita.


La condanna dell'avvocato non è giusta, dice ora la Consulta tedesca. "L'interruzione del mantenimento in vita, operata in conformità alla volontà espressa dal paziente, non è punibile". E "l'accanimento terapeutico non può essere esercitato nemmeno su pazienti che non abbiano firmato il testamento biologico", come invece hanno già fatto 10 degli oltre 80 milioni di abitanti della Repubblica federale.

La ministro della Giustizia, la liberale Sabine Leutheusser-Schnarrenberger, ha elogiato la sentenza: "Fa chiarezza legale su questioni fondamentali". Sul tema dei confini della vita la morale laica, per la Corte Costituzionale e per l'esecutivo, fa premio sulle tradizioni e i principi costitutivi dell'etica legata alla fede. Anche nel paese dov'è nato Benedetto XVI.

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