Il futuro del complesso che una volta ospitava il campo di concentramento di Auschwitz è a rischio: il luogo simbolo dell'Olocausto potrebbe scomparire per il progressivo deterioramento causato dal passare del tempo. La Fondazione Auschwitz-Birkenau ha lanciato un appello chiedendo ai governi di tutto il mondo di contribuire ai finanziamenti per la sua manutenzione – circa 4 milioni di euro all'anno – e per costruire un fondo che possa garantire la sua tutela anche in futuro.
Durante la Seconda Guerra Mondiale più di un milione di persone furono sterminate sistematicamente nel campo di concentramento polacco, il più grande tra quelli usati dal regime nazista nel suo programma di sterminio degli ebrei, la "Soluzione Finale". Tra le vittime ci furono anche molte persone considerate "indesiderabili", tra cui omosessuali, oppositori politici, zingari e testimoni di Geova.
La maggior parte degli edifici di Auschwitz furono fatti costruire con materiali scadenti dagli stessi prigionieri e naturalmente non furono progettati per durare a lungo. Oggi molte delle camere a gas, dei forni crematori e dei dormitori sono già chiusi al pubblico, mentre altri sono già collassati del tutto. «Questi edifici non furono costruiti per resistere per sessanta o settanta anni», spiega un portavoce della Fondazione Auschwitz-Birkenau intervistato da al-Jazeera, «i prigionieri che li hanno costruiti non erano ingegneri, e poi erano distrutti, affamati, stremati dalle continue vessazioni subite».
Anche molti degli effetti personali conservati nel museo di Auschwitz sono in serio pericolo. Scarpe, vestiti, valigie, spazzolini da denti, protesi. Tutto quello che veniva tolto ai prigionieri prima di essere uccisi nelle camere a gas rischia di scomparire per sempre. E con quelli alcuni dei simboli più potenti della tragedia che uccise sei milioni di ebrei in quegli anni. Ogni anno ad Auschwitz arrivano oltre un milione di persone per visitare i luoghi di quell'orrore, per non dimenticare. Un ruolo simbolico che diventa sempre più prezioso man mano che gli ultimi sopravvissuti ai campi di concentramento muoiono e che quindi si perde la possibilità di ascoltare le loro testimonianze dirette.
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