Per realizzare la stazione dell'Alta velocità tagliati quattro collettori fognari. Mai ultimato l'allaccio definitivo a una rete più grande. Così ogni pioggia causa allagamenti e mina le fondamenta delle caseC’è la mancata manutenzione, c’è l’abusivismo edilizio, ci sono gli allarmi inascoltati e c’è, immancabile, la “grande opera”. Dietro il crollo della notte scorsa alle porte di Napoli, in cui hanno perso la vita tre persone, ci sono tutti gli ingredienti della più classica delle tragedie annunciate nel Belpaese. I colori sono sempre gli stessi: il nero del fango e del lutto, il rosso del sangue. Il profumo pure è identico a quello di Sarno, di Messina, e di altre centinaia di disastri, piccoli e grandi: è l’odore dei soldi. Tanti, troppi, e sempre dalla parte sbagliata: dalla parte degli speculatori edilizi, degli amministratori inadempienti, della camorra e delle grandi multinazionali del cemento che da queste parti fanno affari miliardari da oltre trent’anni, dal dopo-terremoto fino all’emergenza rifiuti. Spesso, subappaltando i lavori a imprese colluse coi poteri criminali.
È di tre giorni fa l’ultimo provvedimento nei confronti di società legate al potente cartello dei Casalesi: arresti e sequestri per Michele Fontana, detto ‘o sceriffo, il “colletto bianco” di Michele Zagaria, la primula rossa di Gomorra. Non c’era appalto milionario che non lo vedesse protagonista. Nemmeno quelli per l’alta velocità. La “grande opera”, appunto: quella che potrebbe essere tra le concause del cedimento strutturale della palazzina la notte scorsa. «La pioggia non può da sola fare crollare un palazzo» ha detto a caldo il comandante dei vigili del fuoco dopo aver estratto i corpi delle tre vittime dalle macerie di via Calvanese. Una pioggia forse no, ma l’acqua abbondante sì: sono centinaia, forse molte di più le abitazioni in tutta l’area con le fondamenta che “galleggiano” letteralmente sull’acqua. Falde acquifere deviate, sistemi fognari inadeguati, lavori che peggiorano una situazione già seriamente compromessa.
Già un anno fa, proprio nel centro storico di Afragola, un’altra palazzina si era accartocciata su se stessa. Era stata sgomberata, proprio perché ritenuta pericolante. Come buona parte di un centro storico, per il quale il Comune non è in grado di sbloccare 31 milioni di euro di fondi per la riqualificazione, già stanziati da un progetto della Comunità europea. Costruzioni in tufo che risalgono ai primi anni ‘40, su cui non di rado sono stati realizzati appartamenti in sopraelevazione. Dalla sera alla mattina, le casette a un piano sono diventate palazzine pluri-familiari dietro lo scudo dell’abuso di necessità, con la complicità di amministratori che hanno costruito la propria fortuna sulla promessa di condoni edilizi puntualmente accordati. Ad Afragola, su 70mila abitanti, la metà vive in case costruite senza permessi. Lì, dove persino il pane è abusivo: dei mille forni illegali scovati dai Carabinieri nell’intera provincia di Napoli, la metà ricade in quel comune. E pure la nuova lottizzazione della società che fa capo a Vincenzo Nespoli, il sindaco-senatore per il quale la Camera ha respinto la richiesta d’arresto avanzato dalla Procura di Napoli, era in parte irregolare.
L’ultimo colpo di grazia a un territorio martoriato da anni di sciacallaggio e di mancato controllo, lo hanno dato i lavori per l’Alta velocità: ad Afragola sorgerà la “Porta di Napoli” della TAV, la stazione principale di tutto il circondario. Doveva essere inaugurata nel 2008, ma i lavori non sono ancora stati ultimati. Così come non è stato terminato nemmeno l’allaccio definitivo a un grande collettore fognario, che avrebbe risolto il grave problema di Afragola e di una mezza dozzina di comuni limitrofi: gli allagamenti continui alle prime piogge. Un’opera da 12 milioni di euro, fondamentale dopo che i lavori per la realizzazione della nuova stazione hanno comportato il taglio netto di ben quattro collettori fognari, ritenuti di vitale importanza per lo smaltimento delle acque nere dai tecnici dell’ex consorzio idrico. Questo perché, Afragola è tutta costruita su un territorio in pendenza.
In pratica, per quelle fogne passano le acque di tutto il circondario, persino di una zona periferica del capoluogo partenopeo. Vale a dire, gli scarichi di una popolazione di circa 300mila persone. Per questo, ogni volta che piove i tombini di Afragola zampillano come le fontane di Versailles: fetidi, meno romantici ma ad alta velocità. Inevitabile che quelle acque nel sottosuolo vadano a minare le fondamenta dei palazzi. In molti denunciano gli scricchiolii sinistri che avvertono sempre di più nelle loro case. Inascoltati. Come quei cittadini di Casalnuovo di Napoli, proprio al confine con Afragola, che si ritrovano cantine e tavernette allagate. La causa? Sempre la stessa: i lavori per l’Alta velocità. Tre i viadotti previsti sul territorio, altrettanti interventi di deviazione della falda acquifera e dei canali di scolo che fanno salire vertiginosamente il livello dell’acqua nel sottosuolo. Due mesi fa l’ultimo allarme degli esperti alla stampa: «Si assiste – ha dichiarato il geologo Riccardo Caniparoli – all’assurdità che, dopo la realizzazione del Centro direzionale di Napoli, si vada ad edificare il tracciato della Tav nella medesima valle alluvionale, con le stesse tecniche e impostazioni metodologiche progettuali che hanno prodotto i medesimi danni al territorio e dove si ripresentano i medesimi effetti indesiderati di rigurgito in superficie della falda idrica».
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