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lunedì 19 luglio 2010

False pensioni d'invalidità: i medici e gli untori.

di Carlo Panella - Dal Quaderno Settimanale n. 512 del 4 ottobre 2008 - Una presunta truffa sulla concessione di sussidi e aiuti economici e fiscali a falsi invalidi e portatori d’handicap, è stata denunciata dalla Procura della Repubblica di Benevento che ha indagato coi Nas di Salerno. Settantuno le persone coinvolte. In gran parte si tratta dei beneficiari diretti (una cinquantina, in massima parte anziani), più una ventina di medici, dipendenti Asl e facenti parte delle commissioni di valutazione e verifica, operatori del mondo sanitario che avrebbero ordito il crimine stimato dannoso per almeno tre miliardi delle vecchie lire.

Soldi pubblici, rubati ai contribuenti, stando agli inquirenti, cui vanno aggiunti i tanti denari non pagati al fisco per le agevolazioni concesse. Questi i fatti noti, finora, cui, eventualmente e chissà quando, farà seguito una sentenza di condanna o d’assoluzione.

L’inchiesta riguarda le valli Caudina e Telesina e ha portato solo a due arresti dei diciannove chiesti al Gip. La Procura, infatti, non li ha ritenuti necessari soltanto per i falsi beneficiari. E’ evidente che questi ultimi, in simili frangenti truffaldini, rappresentano l’ultima ruota del carro.

Ora, qui non vogliamo entrare nel merito del caso esploso, tutto ancora da definire. Ma - parlandone in generale - è tanto vero, quanto non detto e riconosciuto, che in casi analoghi (sentenziati come reati) i veri criminali siano i medici e poi i burocrati intervenienti nell’iter della concessione. Perché, quando dichiarano invalida una persona che non lo è, o non nella misura atta al sussidio, non lo fanno per beneficenza o prodigalità.

Di quei soldi, spesso incamerati dai beneficiari con cospicui arretrati, i truffatori in camice bianco o in doppiopetto prendono, almeno, una lauta parte. I beneficiari pagano tale tangente a malincuore, fino a un certo punto: sia la complicità nel reato commesso che il sussidio arraffato – vita natural durante - li pongono in un’aberrante condizione di riconoscenza.

Naturalmente, ciò allorquando gli anziani o i malati coinvolti sono consapevoli dell’atto delinquenziale, perché non di rado sono i loro familiari a prestarsi per conto loro.

Né va taciuto che i medici lestofanti coinvolgono anche propri pazienti, già loro sottoposti per il ben noto rapporto di dipendenza psicologica e materiale. In quanti, infatti, sono pronti a non assecondare il loro medico, temendo di non ritrovarlo puntuale e premuroso quando saranno costretti a chiamarlo?

Si badi, l’ipotesi della truffa per i falsi invalidi è solo un caso estremo: esiste o no “l’abitudine”, da parte dei veri, accertati invalidi o disabili, di fare ricchi regali “in contanti…” a chi “ha dato una mano” o “s’è dato da fare” per il sussidio?

In questi ultimi casi, non c’è reato penale, ma il profittatore che incassa parte dei soldi dovuti a invalidi e handicappati, sborsati dallo Stato per le loro afflizioni, sul piano morale non è meno spregevole di chi organizza una truffa e prende la tangente.

Se poi costui è un medico – che, per funzione e deontologia professionale, dovrebbe proteggere e curare chi è colpito da quelle patologie - definirlo un infame è ancora poco.

Le truffe sull’handicap e sull’invalidità non sono “solo” furto di denaro pubblico (troppo spesso identificato, in queste zone permeate ancora di cultura feudale, come denaro di nessuno piuttosto che di tutti) e neppure “solo” un abuso vergognoso di una nobile e vitale professione o d’un delicato servizio sociale.

Colpiscono più a largo raggio, danneggiano altri specifici privati individui perché, ad esempio, la legge 104 del 1992 concede non solo ai beneficiari varie protezioni in materia di riduzioni d’orario di servizio, di trasferimenti, di riavvicinamenti, ma anche ai loro parenti che così scavalcano e svantaggiano altri “colpevoli” di non essere disonesti.

Un sindacato, la Cgil, il giorno dopo l’emersione della citata inchiesta caudina e telesina, ha fatto sapere che “da tempo aveva sollecitato le autorità competenti affinché si facessero i dovuti approfondimenti sul sistema, non sempre trasparente, del riconoscimento dell’invalidità civile… L’episodio riscontrato conferma quanto da noi percepito…”.

Probabilmente, i sindacati, come le associazioni dei consumatori e le altre realtà collettive operanti nel sociale (diremmo anche i partiti ove esistessero anche fuori dalle lottizzazioni di potere o dalle connesse polemiche contro gli avversari) faranno bene in futuro a rivolgersi non solo alle autorità competenti ma, ad alta voce, anche alla pubblica opinione (ignara finora, ad esempio, di tali battaglie moralizzatrici), affinché con le loro pubbliche e incalzanti denunce si possa dare qualche fastidio in più ai truffatori. Così come fanno male, ora, a questo punto dell’inchiesta giudiziaria, a trarre affrettate conclusioni di colpevolezza.

Una cosa, invece, da qui, già sentiamo di poter chiedere all’Ordine dei Medici del Sannio che, sotto la guida del nuovo presidente, pare più dinamico e presente nella società: ove questi indagati, o altri in futuro per analoghe vicende, dovessero essere riconosciuti colpevoli, radiateli dall’albo, per indegnità. Confindustria in Sicilia lo fa con chi è costretto a subire l’estorsione.

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