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giovedì 22 luglio 2010

Mafia, depistaggi e vittime dimenticate: il caso Alfano

Chiesta l'archiviazione dell'inchiesta sui mandanti occulti dell'omicidio del giornalista Beppe Alfano, ucciso l'8 gennaio del 1993 a Barcellona P.G. (ME).


A darne notizia è la figlia Sonia, europarlamentare dell'Idv e presidente associazione nazionale familiari vittime della mafia. Che ci racconta l'incredibile storia di questo omicidio apparentemente "piccolo": fra latitanti, miliardi, logge massoniche e false piste
"Mio padre era un insegnante di scuola media con l'hobby del giornalismo; ma nonostante ciò era uno dei pochissimi che facesse le inchieste". Così Sonia Alfano ricorda Beppe Alfano, reporter senza tesserino, segugio nel tempo libero, ma di talento straordinario. "Aveva intercettato a Barcellona Pozzo di Gotto Nitto Santapaola allora latitante, capo indiscusso di Cosa Nostra della Sicilia orientale; fu mio padre a dire al magistrato Olindo Canali che quella persona che a Barcellona tutti chiamavano zio Filippo altri non era che Santapaola. Purtroppo mio padre aveva ragione, ma quel suo fiuto, quella sua scoperta gli è costata la vita". E qui Sonia Alfano lancia un sospetto terribile: "Mio padre si era purtroppo rivolto al magistrato sbagliato. Quando confessò la presenza di Nitto Santapaola eravamo presenti solo io e il dottore Olindo Canali. Io per ovvi motivi non ho mai tradito mio padre e ho ragione di pensare che sia stata la terza persona che era con noi".
Beppe Alfano venne ucciso la sera dell'8 gennaio del 1993, tre proiettili esplosi con la calibro 22 lo colpirono mentre era al posto di guida della sua Renault 9. "La notte dell'omicidio, i servizi segreti Italiani fecero irruzione in casa del giornalista sequestrando di soppiatto tutti i carteggi ed i documenti raccolti da Alfano" si legge nel sito dell'Associazione dei familiari delle vittime di mafia: "Il suo computer, esaminato soltanto un decennio dopo la sua morte, risultò manomesso svariate volte nel corso degli anni. Dei documenti così come del contenuto del suo computer non si ha più traccia. Le piste che gli inquirenti intrapresero dopo la sua morte furono molteplici e molte delle quali possono essere definite veri e propri depistaggi a mezzo istituzionale".
Le indagini dei pm messinesi Gianclaudio Mango e Olindo Canali si concentrarono allora sullo scandalo Aias, l’associazione d’assistenza ai disabili. Come mandante dell'omicidio fu indicato il boss locale Pippo Gullotti, come esecutore Antonino Merlino. Il delitto doveva essere una cortesia al presidente dell’Aias Antonino Mostaccio, infastidito dalle inchieste di Alfano sull'ente. Una pista che non ha retto i vari gradi di giudizio, tanto che l'unico condannato a vedere confermata la condanna fu Gullotti.
Le indagini vengono riaperte nel 2002, dopo le rivelazioni del pentito Maurizio Avola, killer di Cosa Nostra che confessò ben 80 omicidi fra cui quello di un altro giornalista, Pippo Fava. Beppe Alfano sarebbe stato ucciso perché aveva scoperto che, dietro il commercio degli agrumi nella zona tirrenica messinese, si nascondevano gli interessi economici di Santapaola e d’insospettabili imprenditori legati alla massoneria. Un giro imponente di miliardi che faceva della periferica Barcellona un centro strategico per gli affari del capo dei capi della mafia catanese. "Il vero mandante dell’omicidio di Beppe Alfano, si chiama Sindoni, è un grosso massone" dichiarerà il pentito ai sostituti catanesi, Amedeo Bertone e Nicolò Marino: "Sindoni è un potente massone che conosce tutta la magistratura, quella corrotta logicamente: ha importanti amicizie al Ministero e un po' ovunque".
Intorno all'omicidio di Alfano, insomma, ci sono ancora tante ombre da dissipare e tante anomalie nelle stesse indagini. "Ci siamo opposti all'archiviazione e abbiamo chiesto un supplemento di indagine" dice ancora Sonia Alfano, secondo la quale sta lentamente finalmente venendo fuori tutto ciò che era stato ipotizzato dai familiari: innanzi tutto che dietro il delitto non c'è solo la manovalanza mafiosa e i piccoli boss locali, ma personaggi ben più grossi. E poi, racconta l'Alfano "c'è la presenza strana di Sco, Sisde e Ros. Noi pretendiamo di sapere dove sono andate a finire tutte le cassette video, le intercettazioni ambientali che ritraevano Santapaola in una pescheria a venti metri da casa nostra, così come confermato dal Ros. Vogliamo che vengano fuori quelle cassette".

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