A Buon Diritto, Antigone e Carta tracciano la mappa delle carenze strutturali dei 15 penitenziari più sovraffollati d’Italia. Presenze doppie rispetto alla capienza regolamentare in quasi tutti gli istituti visitati. Il doppio dei detenuti rispetto alla capienza regolamentare è la costante di quasi tutti gli istituti di pena, così come le scarse condizioni igieniche e la presenza di una cucina sola. Qualche esempio? Nel carcere di Poggioreale, a Napoli, ci sono 2.710 reclusi contro i 1.347 fissati dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. In alcune celle si arrivava fino a 12-14 detenuti ciascuna, con i letti a castello impilati per tre e un solo bagno a disposizione. D’estate fa così caldo che i carcerati coprono le finestre utilizzando un asciugamano bagnato e la notte la porta blindata viene chiusa nonostante le temperature altissime. Le docce esterne sono accessibili due volte a settimana, le ore d’aria sono solo due al giorno e non ci sono attività formative.
A San Vittore, invece, a Milano, la cui capienza regolamentare ora è di 712 persone perché due bracci sono inagibili, ci sono 1.600 detenuti, i topi e gli scarafaggi. A quasi dieci anni dall’entrata in vigore del regolamento penitenziario (il prossimo 20 settembre) le associazioni A Buon Diritto e Antigone, con la collaborazione del settimanale Carta, hanno tracciato una mappa delle carenze strutturali delle 15 carceri più sovraffollate d’Italia visitate tra il 21 giugno e il 2 luglio di quest’anno. I risultati del monitoraggio sono stati presentati oggi in una conferenza stampa alla Camera dei deputati.
Solo le case circondariali di Como, Novara, Gorizia e Trieste hanno dimostrato avere standard abbastanza soddisfacenti in termini di affollamento. Tutte le altre sono “fuorilegge”, denunciano le associazioni; poi però hanno evidenziato anche loro muffa nelle docce, locali fatiscenti, pareti scrostate e cavi elettrici scoperti. Nel carcere di Pistoia l’unica finestra delle celle è in bagno, così che illuminazione e ventilazione risultano insufficienti anche perché nel corridoio centrale su cui si affacciano le celle non sono presenti finestre. Nella sezione nido della casa di reclusione femminile di Rebibbia, a Roma, ci sono 19 donne con un bambino ciascuna, e una cella di circa 25 metri quadrati ospita ben 12 persone tra madri e figli.
Non se la passano tanto bene neanche i detenuti di Regina Coeli (l’alto carcere di romano), quelli di Padova, quelli della casa di lavoro abruzzese di Sulmona, dove tutte le singole sono state trasformate in doppie e la manutenzione è pessima, e i reclusi di Fermo (nelle Marche), in cui l’unico vano con le docce in comune al piano terra non è agibile. Nella casa circondariale “Capanne” di Perugia, invece, l’acqua calda non basta per tutti, mentre nell’istituto penitenziario di Firenze-Sollicciano il problema maggiore sono le infiltrazioni d’acqua. Infine, nel carcere della “Dozza” di Bologna, la cui capienza regolamentare è fissata a quota 452 persone, ci sono 1.158 reclusi: i due reparti più sovraffollati sono quello per i carcerati in attesa di giudizio e quello destinato ai detenuti tossicodipendenti.
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