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mercoledì 21 luglio 2010

Trento. Guadagna 500 euro al mese: il Tribunale le toglie il figlio dopo il parto

TRENTO (20 luglio) - Ha un reddito di 500 euro al mese: troppo poco per mantenere il figlio appena nato. Sarebbe questa motivazione che sta dietro la decisione del Tribunale dei minori di Trento di sottrarre il neonato a una giovane madre in difficoltà economiche subito dopo il parto, in esecuzione di una procedura di adottabilità.

Il caso è stato reso noto oggi dallo psicologo e psicoterapeuta Giuseppe Raspadori, consulente tecnico di parte del Tribunale, che in una conferenza stampa ha criticato il meccanismo con cui i giudici dei minori applicano la sospensione della potestà genitoriale. «La giovane, senza problemi di tossicodipendenza e con un reddito mensile di 500 euro, aveva scelto di tenere il figlio chiedendo un affido condiviso per il bimbo che momentaneamente non era in grado di mantenere» ha detto il dottor Raspadori.

«A questo punto però il Tribunale, senza interpellarla, ha dato avvio alla procedura di adottabilità, levandole il figlio alla nascita». Solo dopo un mese, ha aggiunto Raspadori, la giovane si è potuta incontrare con il giudice, il quale ha deciso di avviare una perizia sulle "capacita" genitorialì della madre. «Una beffa, perché in questo modo la ragazza, cui è stato sottratto il diritto di essere madre dal primo momento, rivedrà il proprio figlio solo dopo otto mesi, con buona pace della fase primaria dell'attaccamento e della giustizia per il minore» ha concluso Raspadori.

Secondo il dottor Raspadori, «i procedimenti con cui il Tribunale dei minorenni separa i bambini dalle madri in nome dell'incapacità genitoriale sono un abuso scientifico». «L'affidamento a terzi di un minore è un'ipotesi che dovrebbe essere perseguita per gravissimi ed eccezionali motivi» sottolinea Raspadori, il quale ricorda come fino a qualche anno fa le cause di allontanamento di un minore dalla sua famiglia era abusi sessuali e violenze, che in Trentino nell'ultimo anno hanno rappresentato il 5% dei casi. «Negli altri casi - dice Raspadori - pretendere di misurare e giudicare la qualità dell'amore materno senza tenere conto della naturale visceralità del rapporto, non solo rischia di far prendere solenni cantonate, ma purtroppo anche commettere ingiustizie e vere e proprie crudeltà». «Dichiarare una madre 'incapace' e sottrarle il figlio è lacerante ben più della galera, molto più vicino a una pena di morte». Secondo lo psicologo, il Tribunale dei minori, «in nome della sacra difesa dei diritti dei minori toglie qualsiasi diritto e garanzia ai genitori, e il giudice non è super partes, è al contempo organo giudicante e assume di fatto le vesti di difensore del minore. Con la conseguenza che la voce del genitore viene disattesa e neppure ascoltata».

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