Dopo la retro marcia sul ddl intercettazioni si respira aria di bocciatura, se non di caduta del governo, a Roma. Ma non è un’aria nuova. La protesta dei cittadini è stata troppo forte per non essere ascoltata nei palazzi romani, soprattutto con il No Bavaglio Day organizzato nelle principali città d’Italia lo scorso primo luglio. E lo sciopero dei giornalisti, indetto il 9 luglio scorso dalla Fnsi, ha prodotto un silenzio molto “rumoroso”.
Per Ferruccio Sansa del Fatto Quotidiano, intervenuto ai microfoni di RMC101 “questo silenzio è stato molto importante per far capire agli italiani cosa sarebbe la loro vita senza l’informazione. Senza sapere cosa succede nel mondo ci sentiamo molto più soli”.
Una solitudine, però, che adesso può cadere addosso Berlusconi o almeno alla sua area all’interno del Pdl, anche se molto più cospicua dei finiani che hanno esultato, con pugno chiuso sotto il tavolo, alla notizia del dietrofront.
Un altro giornalista di punta della stampa nazionale, Gian Antonio Stella del Corriere della Sera, ricorda ai nostri microfoni come Berlusconi ha sempre trovato il modo per mettersi in difficoltà: “gli è capitato nel ’94 con la cosiddetta legge salva-ladri”. “Forse la legge sulle intercettazioni potrebbe essere la buccia di banana per la legislatura, – ipotizza Stella - non credo che alla gente piaccia questi tipi di interventi perché sa che gli intercettati non sono 15 milioni di persone. Le intercettazioni legali fatte dai magistrati sono strettamente necessarie”.
Per Stella la gente sa, dunque, che il ddl sulle intercettazioni è un po’ forzato anche se non si è dimostrata particolarmente “arrabbiata” come ai tempi di Mani pulite. Ma secondo il giornalista autore de “La Casta” la battaglia contro la legge bavaglio non è ancora vinta: “sebbene gli italiani siano più attenti di quanto il premier pensi, Berlusconi è capace di forzare l’iter, ad esempio mettendo la fiducia, perché molti parlamentari non sono sicuri di tornare in Parlamento in una prossima legislatura e altri sono invece sicuri di non tornarci se il Presidente del Consiglio decide di non farli tornare.”
Altri ancora invece la voteranno perché, colpiti dalle inchieste giudiziarie, sarebbero ben lieti vedere il cane da guardia del potere (la stampa) con la museruola, come lascia intendere Francesco La Licata de La Stampa: “è chiaro che al potere dà fastidio che i giornali facciano il loro compito”. E il potere non è solo Berlusconi: “la stampa dà sì fastidio all’attuale premier che ha propagandato questa legge ma non è solo un suo problema. Anche il centro-sinistra ha dimostrato di essere permaloso di quello che viene scritto sui giornali”. Ai nostri microfoni La Licata, autore con Massimo Ciancimino di “Don Vito”, dopo aver giudicato il ddl sulle intercettazioni “una legge che vuole uccidere il diritto ad essere informati da parte dei cittadini e il dovere dei giornalisti di informare e di mettere in guardia i cittadini”, tratta l’argomento della privacy che secondo i fautori della legge verrebbe minata senza l’approvazione del ddl: “noi dobbiamo dare ai cittadini la possibilità di capire, al di là delle esternazioni pubbliche, quello che i potenti realmente fanno. Un politico che in pubblico fa la campagna antidroga e in privato si fa di cocaina fa un po’ ribrezzo”.
Ma non ci sono solo gli affari dei politici a rischiare di essere celati, anzi, secondo La Licata, con la legge bavaglio, ad esempio, il carteggio tra Matteo Messina Denaro e Vaccarino non sarebbe mai stato pubblicato. Così come non sarebbero stati presi, nei giorni scorsi, i fiancheggiatori del latitante De Vita.
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