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giovedì 29 luglio 2010

Golfo del Messico, marea nera: i cento giorni della vergogna

A cento giorni dall’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico ed a tredici dall’ultima tappatura della falla avvenuta con successo, il futuro CEO della Bp, lo stanunitense Bob Dudley, afferma che finalmente il peggio potrebbe essere alle spalle.

“Ritengo, anche se non ci sono garanzie, che dal 14 luglio non sgorgherà più petrolio nelle acque del Golfo“. Parole e musica di Robert Dudley, lo statunitense destinato alla sostituzione dal prossimo ottobre di Tony Hayward nell’organigramma della British Petroleum, rilasciate in un’intervista trasmessa dalla CNN nel corso del programma Morning America. Dudley ha anche aggiunto che la soluzione della crisi è “la principale priorità della Bp affinchè la stessa possa andare avanti. L’unico modo per ricostruirsi una reputazione, al di là delle parole, è agire. Parlando con la gente mi sono reso conto che si pensa che, non appena il tappo funziona, non aspettiamo altro che fare i bagagli e scappare. Non è affatto così. Abbiamo moltissime cose da fare. Un sacco di pulizie da effettuare. Da stamane abbiamo staccato assegni per un quarto di miliardo di dollari. C’è ancora molto da fare, e sappiamo di non essere stati impeccabili in questo sinora. Ma è mio impegno personale di mantenere le promesse“.



Insomma “fatti, non parole” sembra essere il refrain in casa Bp per ripulirsi agli occhi dell’opinione pubblica mondiale una reputazione inquinata tanto quanto le acque del Golfo . Giorni in cui il colosso petrolifero britannico, dopo aver ignorato i risultati dei test di sicurezza che preannunciavano l’imminente disastro, si è particolarmente distinto per aver emblematicamente rappresentato il malaffare imperante nei cda delle ‘Big Oil’ planetari, per i suoi maldestri tentativi di tappare la falla nonchè di mistificare la realtà mediante corruzione ed ostacolamento della libertà di informazione (fino alla vergognosa esposizione di immagini taroccate del centro anticrisi di Houston), in particolare per menzogne raccontate al mondo intero senza vergogna come quella che l’oramai ex amministratore delegato Tony Hayward provò a raccontare alle telecamere di Sky News a meno di un mese di distanza dall’incidente accorso alla Deepwater Horizon: “Questo disastro alla fine avrà un impatto molto, molto modesto“. Proprio lui, l’impareggiabile CEO, “l’uomo più odiato ed ignorante degli Stati Uniti d’America” diviene suo malgrado protagonista-simbolo del ‘new deal’ Bp. Hayward, una volta lasciata la sua carica di CEO, secondo quanto riferito dall’Associated Press, andrà a ricoprire un ruolo non esecutivo e senza responsabilità dirette nella controllata joint-venture russa Tnk a cui capo fino al 2008 vi è stato proprio il suo successore Dudley. Tnk i cui pozzi petroliferi sono dislocati in larghissima parte nella tundra siberiana, per quanto la società stia spingendo per dare il via a trivellazioni offshore nel mar Caspio. Compito di Hayward sarebbe quello di implementare l’espansione del gruppo oltre i confini della Federazione Russa, ma occupando una poltrona che sostanzialmente non gli conferisce alcun potere decisionale ed in un contesto in cui il peso degli azionisti russi è rilevante al di là della spartizione 50-50 delle cariche amministrative. In sostanza, come avveniva ai tempi dello stalinismo con i nemici del regime, anche mr. “Public Enemy N.1″ (appellativo usato negli States per definire Hayward) è stato spedito in Siberia!
Il ‘povero’ Hayward, anche se al freddo, avrà comunque modo di asciugarsi le lacrime con fazzoletti di seta purissima: una volta lasciata vacante la sua sedia di Chief Executive Officer, riceverà un’annualità di salario pari a circa 1,5 milioni di dollari ed un fondo pensione di circa 17 (costituito con i contributi di 28 anni di lavoro in Bp). (9online.it)

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